domenica 15 febbraio 2015

Studi sullo studio

Una cosa molto stupida, su cui da ragazzino ragionavo spesso, era la scuola e ciò che di questa mi sarebbe stato utile in futuro.

A quasi dieci anni di distanza dal liceo credo di potermi dare una risposta: quasi nulla.

Non ho mai imparato le tabelline.
Non ho mai imparato la data di una battaglia.
Non ho mai imparato a recitare "l'Infinito".
Tutte le cose interessanti (la storia, le scienze naturali, un po' di letteratura) generalmente le sapevo già per conto mio.
Quanto ritenevo inutile (gli abitanti dell'Abruzzo, i chilometri del Volga) l'ho dimenticato.
Non ne ho ancora avvertito la mancanza.
La grammatica italiana serviva solo a confondermi le idee. L'inglese l'ho imparato a ventun anni. Di analisi logica ed espressioni ancora non capisco il perché.

Al liceo stesso copione.
I docenti spiegavano e io leggevo altro. A sentir loro oggi sarei finito tifoso del pallone.
Ricordo i tentativi di fare critica alla storia e un po' di filosofia. Sant'uomo il professore, povero meschino.
Non c'è stata una sola delle nozioni apprese a scuola che mi sia tornata utile in futuro. Del resto, non ero mica lì per imparare un mestiere.
Di tutte le materie solo due hanno dato qualche frutto.
Il greco. Il latino.

Chino sui vocabolari ho imparato come guardarmi attorno. Ho imparato come dirimere l'ignoto, come dedurre e come supporre.
Ho imparato ad analizzare le situazioni, a dare giusta importanza ai dettagli visibili e maggiore a quelli invisibili.
Le lingue morte mi hanno insegnato a risolvere le incognite dei vivi, a fornire soluzioni senza copiare i manuali, a pensare con la testa, a portare pazienza, ad ammettere limiti e sconfitte.

Questo mi è servito e come vorrei aver studiato meglio.
Così guardate un po' che fine ho fatto e traete le dovute conclusioni.

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